Chi mi conosce sa cosa provo quando sento la parola “supermercato”. Non chiedetemi il motivo, ma quando lo sento nominare, dentro di me sentimenti poco piacevoli fanno breccia nel mio cuore. Ho provato ad analizzare questo malessere ma non riesco a trovarne il motivo. Non ho avuto traumi o cattive esperienze in quel luogo, eppure non so perché, quando si parla di fare la spesa, io mi defilo con sagace destrezza.
“Vai tu, io faccio una lavatrice”
“Non ho tempo, puoi andare tu amore mio? “
“Mamma se vai al supermercato mi puoi prendere uova, pasta, pesto, latte, burro poi ti do i soldi? “
Eppure, direte voi, è il luogo dove si trova una delle cose fondamentali per la nostra sopravvivenza :il cibo. Sfilare lungo quelle corse mi disturba. Centinaia, migliaia di scatole, buste, confezioni di cibo mi guardano ammiccanti.
“Prendimi”, sembra che vogliano dire. Ogni prodotto riporta diciture ammiccanti: il migliore della Val Pusteria, da anni il miglior caciocavallo d’Italia. Il tonno che si taglia con un grissino. Chilometri di morbidezza. Il profumo di pulito. La pausa che ti meriti. Bombardamenti di marketing che con un gran giro di parole ti dicono: prendi queste scatolette di tonno, così condisci quel triste piatto di pasta in bianco e ti senti uno chef. Il profumo di pulito lo puoi sentire solo se lavi i pavimenti quindi, bionda, prendi sto litro di detersivo e armati di olio di gomito. C’è chi entra al supermercato e passeggia, col suo bel carrellino davanti e passa tra i banchi frigo con pignola attenzione. Una sera sono entrata di corsa per comprare un litro di latte per la colazione del giorno seguente. Di fronte a me, stazionava una signora che con occhiali infilzati sul naso, Leggeva l’etichetta di ogni singola scatola. Valori nutrizionali, provenienza, immagine sul tetra pack. Io tamburellavo impaziente sul carrellino, visibilmente impaziente ma incapace di dirle di sbrigarsi. Credo cercasse il nome delle mucche dalle quali avevano ricavato il latte.
La cosa che più mi disturba al supermercato sono gli altri esseri umani che barcollando tra gli scaffali.
C’è quello che io chiamo parcheggiatore abusivo. Il parcheggiatore abusivo è colui che, privo di sensibilità, staziona il carrello proprio davanti al prodotto che ti serve. Tu stai lì, con educazione, aspetti che lui recuperi il pacco di tè. Resti buono, poi però ti rendi conto che non sa quale tè prendere ed effettivamente un po’ lo comprendi: tè verde, tè drenante, tè nero, tè concentrato, tè con vaniglia, tè con arancia. Suggerisco di creare il tè agli aromi di pollo fritto, potrebbe nascere una buona combinazione di gusto. Tu sei ancora lì che aspetti e vorresti spostare il carrello del tuo avversario, stanca ormai di aspettare. Chiedi scusa e distogli il malcapitato dalla concentrazione il quale ti lancia uno sguardo severo: l’hai distratto dal ragionamento, rendendo vano il tempo da lui speso negli ultimi dieci minuti. Ringrazi, ti scusi, prendi il tè che sa solo di tè e ti defili salutando.
Io faccio parte del gruppo degli annusatori. Si, lo so, non si fa, ma chi è senza peccato scagli la prima pietra. Quando devo acquistare un detersivo per pavimenti, compio un gesto alla stregua di un reato. Per prima cosa controllo che non ci siano altre persone in quel reparto poi, verificato di non avere pubblico, passo all’azione successiva. Leggo le etichette: violette, pino, oceano. Oceano? Che profumo può mai avere un detersivo per pavimenti che sa di oceano? Immagino la casa invasa dall’odore di acqua salata e rabbrividisco, tuttavia sono curiosa. Prendo in mano il barattolo, mi guardo a destra, poi a sinistra. Controllo in alto se ci sono telecamere e, una volta verificato che non ci sia nessun testimone, svito il tappo e annuso l’oceano. No, non sa di salsedine, sa di qualcosa di strano e indefinibile. Lo ripongo al suo posto. Vado sul sicuro e prendo quello che sa di fiori. Ha un buon prezzo e mi fa vivere nell’illusione che possa apparire un roseto tra la lavatrice e la vasca da bagno. Lo so che lo fai anche tu, è una cosa a cui non ci si può sottrarre. È come con i fonzie, se non ti lecchi le dita godi solo la metà.
Tocca poi agli assorbenti. Tasto dolente e imbarazzante ma lo è di più per un uomo a cui viene commissionato l’acquisto da parte della moglie, fidanzata o figlia.
“Prendi quelli viola, la confezione da diciotto, non puoi sbagliare”
No, non puoi sbagliare. Se sei una donna, hai le mestruazioni e frequenti il negozio da almeno due anni. Per un uomo, è diverso. Provo ad immedesimarsi in un povero maschio di un’età compresa tra i venticinque e i cinquant’anni di fronte alla parete piena di un articolo mai utilizzato e che mai sarà oggetto di suo consumo. Con ali, senza ali, interni, esterni, per perizomi e poi da notte, da giorno, regular, maxy, mini. Provate a pensare ad un povero Cristo davanti a quell’immensa varietà. Più che uno scaffale, per lui è un muro del pianto. Stai ridendo? Sei una brutta persona. Si, la maggior parte delle volte questi maschi adulti commettono errori e le donne hanno pure il coraggio di arrabbiarsi.
“Come puoi aver sbagliato? Ti avevo detto quelli sottili in cotone con ali regolari!”
Fatevi un esame di coscienza, capirete di aver fatto violenza a vostro marito.
Esiste poi un grosso mistero. La ricerca di quello che io chiamo il Santo Graal. Quel cibo che non può mancare nel nostro frigorifero, eppure è il più difficile da scovare. Centinaia e centinaia di metri quadrati di supermercato ma noi tutti, compresi i veterani, fanno difficoltà a reperire: le uova. Sono vicino ai latticini? No. Allora vicino allo zucchero. Potrebbe essere. Basterebbe sapere in quale reparto viene messo lo zucchero. Quando il supermercato è conosciuto non è difficile ricordare dove si trova la roba, se invece è un negozio dove non si ha mai messo piede, le cose si complicano terribilmente. Si finisce a chiedere ai commessi, cosa paragonabile a chi chiede indicazioni a chi passeggia sul ciglio della strada. Da pivelli.
Quando finalmente hai completato il gravoso compito, ti avvicini alle casse. Solitamente si fa una stima del tempo che ci vuole, calcolando il volume degli articoli nei carrelli precedenti al tuo. Sbuffare nell’attesa del proprio turno è pratica parecchio diffusa finché la cassiera decide di chiamare col microfono un collega. In quel momento, tutti gli umani in fila si guardano attorno, nella speranza di vedere chi arriva ma soprattutto quale sia la cassa di prossima apertura. E’ lì in quel preciso istante che le ruote dei carrelli fumando e cigolando, si dirigono verso la cassa vuota. Accade quindi che la scelta giusta la fanno quelli che rimangono al loro posto, troppo pigri per sfidare gli avversari o, semplicemente, hanno già avuto a che fare con quel fenomeno.
Capita che si vada al supermercato per comprare un solo articolo. Se però questo è un pacco dei sopra citati assorbenti, le cose si complicano. Si sceglie così di acquistare almeno tre cose, anche quattro per mimetizzare l’imbarazzo. Assorbenti, carta igienica, cibo per gatti e caffè. Si lo so, non che così vada molto meglio, ma si fa quel che si può. Capita a tutti – e non dire che non è vero – di guardare con curiosità quel che hanno messo sul rullo gli altri clienti. E’ un gioco divertente, riusciamo a vedere i progetti per la sera di chi sta in fila come noi. Sei birre con patatine significa serata film sul divano. Filetto di tonno, melanzane, fragole e champagne è la premonizione di una serata romantica. Assorbenti carta igienica, cibo per gatti e caffè… niente, lasciamo stare. Una volta il signore in fila prima di me aveva venti saponette e una scatola di fagioli. Sono una donna molto fantasiosa ma ammetto di non averci capito molto.
Una volta pagato, finalmente si vede la luce. Potete capire bene il motivo per cui io odio andare a fare la spesa. Hanno provato a farmi cambiare idea ma ancora non c’è stato nessuno che sua stato in grado di farlo. Provateci voi, magari ci riuscirete.
Forse.