selfie senza mutande

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Un tempo c’era la vergogna, quella che ci faceva nascondere il fatto che impostavamo l’autoscatto sulla macchinetta fotografica digitale. Era per lo più un imbarazzo anche il solo raccontare che avevamo immortalato la nostra immagine tramite uno scatto. Le foto uscivano male, oppure erano immagini che erano adatte ad un pubblico adulto. Suvvia, non pensarci troppo su, l’hai fatto anche tu anni addietro.

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Poi, tutt’un tratto, è arrivato lo smartphone e da li tutto è diventato normale. La parola selfie è uscita da poco nel gergo comune ma è stato sdoganato totalmente dopo che, nella notte degli oscar dello scorso anno, la signora Ellen Degeneres ha scattato una foto con tutte le celeb che le stavano attorno. Chi piglio, piglio, si sarà detta, ed è uscita una cartolina famosissima che in pochissimi minuti ha fatto il giro del globo.
Si, lo so, io non sono Angelina Jolie e nemmeno Julia Roberts, d’altro canto se avessi avuto di fianco Brad Pitt non sarei uscita sorridente sullo schermo ma con la bava alla bocca che guardavo il signor Jolie in segno di devozione.
E’ una moda, è un virus indomabile, è una mania. Chiamatela come volete, ma autocelebrarsi con lo scatto selvaggio è diventato un imperativo. Se vent’anni fa avessi visto la foto della mia amica che ammiccava allo specchio del bagno con il bidet come sfondo l’avrei presa in giro per mesi. Ora è quasi impossibile non vedere i cessi altrui.
Selfie col gatto, selfie con la lingua del cane in bocca, selfie con il gelato, selfie con la bisnonna, selfie con il culo della vicina di ombrellone (sodo, con un costume microscopico e unto d’olio che brilla come una lontra appena uscita dal mare).
Ci si fotografa tutto. Il tatuaggio nuovo, le unghie appena fatte, il vestito appena acquistato, le scarpe con i tacchi vertiginosi, il nuovo giochino per la play, la nuova vicina di casa, il nuovo armadio Ikea.

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Però.
Però c’è anche chi si spinge oltre. C’è chi, passeggiando per le strade del centro di notte, incontra per caso un uomo in una pozza di sangue e, prima di chiamare l’ambulanza e la polizia, si fa un selfie con il quasi morto. C’è anche chi lo fa con lo zio morto prima che chiudano la bara. Di la verità, ammettilo, non hai mai fatto un selfie mentre nel locale, alle tue spalle, c’è il tuo amico ubriaco svaccato sul divanetto pronto a dare spettacolo vomitando aperitivo cena e vari bicchieri bevuti in seguito, vero?
Se ci pensiamo, non siamo molto clementi. Con nessuno.
Se al bar vedi una signorina che, mentre aspetta il suo caffè e la brioches si fa un selfie con gli occhiali scuri in viso, pensi semplicemente che è una cretina, salvo poi, una volta che è arrivata la tua brioches, auto celebri la tua giornata con un autoscatto con la crema in bocca.
Non c’è ragione di escludere nessuno.
Nessuno è immune alla stupidità dell’autoscatto.
Il presidente degli Stati Uniti, il dalai lama, il Papa, calciatori, starlette di ogni genere.
Tutti. Tutti presenti.

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Ci sono quelli che, stanchi del primo piano, hanno fatto il salto di qualità: hanno comprato l’asta per lo scatto a mezzo busto.
Geniali loro o stupidi noi?
L’unico problema è che quell’asta litiga con il sole e spesso la sua ombra è la vera protagonista della foto.
C’è chi è morto di autoscatto.

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Sulla vetta della montagna prima dello strapiombo, sopra un ponte altissimo prima di scivolare, sul tetto del grattacielo prima del volo di centinaia di metri, in macchina prima dello schianto mortale, con una pistola in mano da cui accidentalmente è partito un colpo.
Il selfie è un male?

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Io il selfie lo faccio per vedere come sto. Allo specchio vedo una cosa, quando mi guardo immortalata nello schermo del mio iphone vedo un’altra cosa. Un altro essere vivente di dubbia entità.
Ammettiamolo dai, farci un selfie ci fa sentire meglio. Che differenza c’è tra il mio e quello di Lady Gaga? Nessuna, di per se, solo che lei poi appoggia il cellulare sulla prua del suo panfilo da quaranta metri, io invece sulla mensola della mia cucina di cinquanta centimetri.
Io trovo i selfie un toccasana. Ci sono certe sere in cui ricevo la telefonata della Tim che mi offre un nuovo contratto, il cane che esagera con la flatulenza e la cena che brucia sul fuoco contemporaneamente e, se non vedessi quei selfie che vengono pubblicati sui social, veramente mi verrebbe voglia di fare una strage. Invece, quelle foto, affievoliscono i miei disagi, forse perchè nelle immagini vedo quelli degli altri.
Diciamola tutta: gli altri che si fotografano sono sfigati, noi, invece, siamo simpatici, belli, intelligenti. Molto intelligenti.

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